Il Chelsea cerca una nuova casa, in Italia l’esempio è solo la Juve

Lo Juventus Stadium di Torino

Se in Italia la questione stadi è sempre in fase di stallo, all’estero c’è chi si muove per anticipare i tempi. Il Chelsea infatti, pur avendo una struttura di gran lunga all’avanguardia rispetto alle nostre, sembra aver individuato uno spazio ideale sul quale costruire la sua nuova casa. Il presidente dei Blues Roman Abramovich sta pensando di mettere mano al portafoglio e di comprare la centrale elettrica di Battersea per poi demolirla e far sorgere sulle sue macerie il nuovo impianto sportivo. Ad oggi comunque non c’è ancora una vera e propria trattativa in atto, perché il magnate russo dovrà prima riuscire a vendere lo Stamford Bridge per trovare le risorse necessarie ad acquistare la vecchia centrale. Quest’ultima, seppur inutilizzata da vent’anni, è comunque valutata infatti la bellezza di circa 570 milioni di euro. La conferma che in ballo ci sia qualcosa di concreto ce la dà il fatto che Abramovich abbia incaricato l’a.d. di Almacantar, società consolidata nel mercato immobiliare, di valutare la fattibilità del progetto.

Comunque vada a finire l’operazione è interessante notare come i club esteri cerchino di puntare molto sulla costruzione di impianti che riescano a valorizzare lo sport, in questo caso il calcio, e che siano in grado di soddisfare al meglio i tifosi, considerandoli come clienti, anziché come semplice fonte di guadagno. Una tale visione è a nostro avviso una delle cause del calo di presenze sugli spalti della Serie A e solo la Juventus, seppur sostenuta e supportata dalle amministrazioni pubbliche, è riuscita a fare quel passo in più che le ha consentito di riempire le gradinate nel campionato in corso. Oltre a collezionare sold out nelle partite giocate allo Juventus Stadium, i bianconeri hanno raggiunto il significativo numero di 40.000 tour guidati all’interno della struttura.

Stage up, agenzia che si occupa di economia dello sport e che recentemente si è occupata di studiare la situazione degli stadi italiani, ha dichiarato che la costruzione di nuovi impianti o la ristrutturazione di quelli attuali, porterebbe investimenti per ben quattro miliardi di euro e genererebbe 85.ooo posti di lavoro nei prossimi dieci anni. L’ostacolo più grande è rappresentato dalla legge sugli stadi, ferma in Parlamento da tre anni e che, come spiega il presidente di Stage Up Giovanni Palazzi,  ”dovrebbe tenere in considerazione le innovazioni effettuate dal Governo sul project financing fornendo ad esempio ulteriori approfondimenti sul possibile riutilizzo dei vecchi stadi e la permuta di terreni e beni immobili da parte delle pubbliche amministrazioni”. Va ricordato che la legge del ’39 sulla conservazione dei beni artistici e architettonici considera da tutelare gli stadi con più di cinquant’anni di vita. Praticamente tutti.

Considerando che in Italia, nella fascia di età tra i 14 e i 64 anni, seguono il calcio circa ventotto milioni di persone, la potenziale clientela che gioverebbe della costruzione di impianti all’avanguardia sarebbe sicuramente numerosa. Anche perché le esperienze che vengono dall’estero insegnano che gli stadi possono essere un polo d’aggregazione anche nei giorni in cui non si giocano partite, un pretesto per riqualificare quartieri della città o anche un patrimonio dei tifosi. Basti pensare all’Amsterdam Arena, costruita anche grazie al denaro dei supporter dell’Ajax sopra una strada in una zona prima poco vivace e nella quale si svolgono concerti e altri grandi eventi durante tutto l’anno. Non ci resta quindi che augurarci che qualcosa si muova al più presto anche nella nostra penisola.

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